Articolo di Patrizia Caraveo pubblicato su CheFuturo!

Digital Globe
Che fine ha fatto la geografia? In pochi anni Google Earth ha cambiato il nostro rapporto con le carte geografiche. Secoli di lavoro di generazioni di geografi sembrano essere superati dalle mappe interattive. Storiche case editrici di atlanti hanno sospeso le pubblicazioni. Il mappamondo non è sicuramente uno dei regali più desiderati dalle giovani generazioni. Molto meglio un tablet dove si possano scaricare le APP che permettono di andare a zonzo negli angoli più remoti del mondo.
Tuttavia, quando si tratta di fornire visioni a larga scala della nostra Terra, anche Google Earth si scontra con il problema che ha perseguitato tutti i geografi: proiettare su un piano la superficie di una sfera. Il passaggio dal mondo tridimensionale a quello piatto implica sempre distorsioni. Lo sapeva Mercatore (che ha inventato la sua famosa proiezione nel 1569) e lo sappiamo noi. Non è una grande scoperta, è la differenza tra un planisfero (sempre distorto) e un mappamondo.
Per visualizzare veramente il pianeta Terra ci vorrebbe una sfera digitale.
Non parliamo dei tablet pieghevoli che hanno fatto furore al CES di Las Vegas, ma di una vera sfera. Mentre aspettiamo un tablet sferico, è già disponibile uno schermo sferico che può essere illuminato sia dall’esterno sia dall’interno. Bisogna dire che in nessun caso la proiezione è perfetta, perché focalizzare un’immagine su una superficie sferica e fare in modo che la luminosità sia omogenea e non ci siano distorsioni non è uno scherzo. Mentre il mercato dei display sferici illuminati dall’esterno è ingessato dai costi elevati e dall’impossibilità di avvicinarsi troppo allo schermo (per non fare ombra), i globi digitali con proiettori e ottica interni sono in crescita, e sono splendidi.
E’ il ritorno del mappamondo? No, molto di più. E’ una opportunità rivoluzionaria.
Con il globo digitale si può passare dalla visione geografica a quella politica, dalle temperature del mare alla copertura nuvolosa, dal controllo della vegetazione alla terra di notte.
In più la visione può essere animata ed è possibile seguire il movimento degli uragani, delle correnti oceaniche oppure delle tempeste di sabbia. Allo stesso modo, si potrebbero seguire i movimenti in tempo reale delle migliaia di aerei e di navi che sono in viaggio in ogni momento, oppure degli animali che sono “etichettati” per permettere agli scienziati di studiare le loro migrazioni.
Se ci stanchiamo di guardare la Terra, possiamo utilizzare i dati raccolti dai nostri telescopi oppure dalle nostre sonde spaziali per trasformare il globo digitale nella Luna, farlo diventare Marte, oppure Giove o magari il Sole o addirittura tutto il cielo. Compresi i movimenti dei pianeti o di tutte le comete conosciute.
Le straordinarie possibilità didattiche dei globi digitali sono molto apprezzate in Cina, che assorbe l’80% della produzione della ditta americana Global Imagination.
Bisogna aggiungere che i possibili utilizzi non si limitano alle materie scientifiche: numerosi artisti hanno trovato ispirazione dai globi digitali ed i film sferici sono la prossima frontiera. In effetti, oltre che in ambito scolastico, la ditta spera di sfondare anche nel mercato privato: un globo interattivo a casa non sarebbe male. Quando i prezzi scenderanno, questa versione 2.0 del mappamondo “vivo” potrebbe tornare ad essere al top della lista dei desideri.
Per il momento, oltre alle scuole che se lo possono permettere, i clienti d’elezione sono i musei, che utilizzano tutta la gamma di produzione dei globi digitali dal più piccolo di 40 cm di diametro fino agli extralarge di 3 m. (clicca qui per la gallery)
Impressionante, ma decisamente più piccolo di quello fatto da Vincenzo Coronelli per il re Sole nel 1683.
L’idea venne al cardinale di Lestrées, ambasciatore di Francia presso la Santa Sede. Colpito dal globo da un metro e mezzo che Coronelli aveva fatto per il Duca di Parma , ordinò la versione più grande che fosse possibile immaginare per farne dono al re di Francia, Luigi XIV, il re Sole.
Coronelli di dovette trasferire a Parigi e, in due anni, costruì due giganti (un globo terrestre e uno celeste) dal diametro di 4 m per diverse tonnellate. Il re fu sicuramente compiaciuto, nessun altro poteva vantare globi così grandi. Peccato che, per mostrarli ai suoi ospiti, completi delle mastodontiche montature necessarie per farli muovere, dovette fare costruire un padiglione su misura. I due globi esistono ancora e, al momento, fanno bella mostra di sé, appesi nella hall della grande biblioteca Francois Mitterand a Parigi. La “grandeur” non ha ancora cambiato indirizzo.
Roma, 25 Gennaio 2013
PATRIZIA CARAVEO